Filologia Risorse informatiche: da gruppo Facebook a blog di ricerca
Filologia Risorse informatiche, Fli per gli amici, è nato per essere utile, come dice l’immagine di testa scelta per rappresentare il taccuino di ricerca creato da Antonello Fabio Caterino – dottorando in cotutela tra l’Italia e la Svizzera (Università della Calabria / Université de Lausanne). E nello spirito dei log, che hanno dato vita ai b-log, il suo carnet è una lista di risorse utili alla ricerca nel campo della filologia e più precisamente dell’italianistica.
Nato indipendentemente, Filologia Risorse informatiche è confluito su Hypotheses.org nel febbraio del 2014. Abbiamo fatto due chiacchiere con Antonello Fabio Caterino via Skype per saperne di più sul suo progetto e sulla sua idea di blogging accademico.
Come ha conosciuto Hypotheses.org?
Mi occupo di italianistica, sono più precisamente un filologo rinascimentale. In passato ho tenuto un laboratorio di latino presso l’Università di Losanna e alcune lezioni sull’esegesi del testo poetico umanistico all’Università della Calabria. Condivido la causa delle Digital Humanities, e sono sempre alla ricerca di nuovi strumenti per facilitare la ricerca delle fonti per l’italianistica e la filologia e di nuovi spazi di condivisione della ricerca. Mappando il web, come sempre alla ricerca di nuove risorse, mi sono un giorno imbattuto in Hypotheses.org.
È in uscita un mio articolo, su “La Rassegna della letteratura italiana”, che – tra alcune questioni inerenti al mondo del web applicato allo studio del testo – tratta anche i nuovi modi per condividere quasi in tempo reale i risultati della ricerca, per avere – per così dire – una visione più “social”. Il problema che ci poniamo è che quando si scopre il dato, si deve aspettare la dinamica lunga dell’editoria scientifica, che rallenta la condivisione di queste scoperte. Il filologo, inoltre, è ad alto rischio di isolamento: a parte i grandi convegni nazionali, ci sono poche occasioni di lavorare in team, ci sono poche occasioni di chiedere pareri o per esporre risultati parziali. Sarebbe importante invece poterlo fare. È per me un mistero il motivo per cui non si condividono i risultati parziali, perché non si sfruttino a pieno le risorse che abbiamo a disposizione. Certo, sul web si trova di tutto e ci sono buone ragioni per essere diffidenti, ma la conclusione non può essere quella di buttare via tutto. La prudenza deve restare caratteristica madre del filologo, ma altra cosa è la diffidenza: è la diffidenza ad essere problematica.
Com’è nato il progetto di blog?
È nato prima come gruppo Facebook, per condividere tra un gruppo di 4-5 persone che già si conoscevano i link che potevamo sfruttare per analizzare testi e fonti, anche al fine di risparmiare tempo e spostamenti. L’esame autoptico è fondamentale, soprattutto per una ricerca mirata e già ben definita, ma quando si è nella fase esploratoria, con poco tempo e niente fondi? Senza rimborsi infiniti e finanziamenti, per arrivare a risultati concreti si deve ottimizzare il ricorso al lavoro in loco, perché le borse coprono viaggi e spostamenti. Per tutto quel lavoro di ricerca preventivo per definire una ricerca, la digitalizzazione è certamente positiva. E non dobbiamo aspettare che tutta la tecnologia sia a punto per cominciarla: possiamo in un primo tempo già digitalizzare e poi sviluppare delle maschere di ricerca.
Il posto che per lei dovrebbe avere il blogging tra i diversi strumenti per la comunicazione accademica?
Un posto di tutto rispetto. Chi ha una cattedra o l’incarico per un qualsiasi insegnamento potrebbe gestire meglio i seminari, i rapporti con gli studenti, la diffusione dei materiali: mi sembra che il blog possa essere un canale privilegiato per la comunicazione docente-studente su un determinato tema o corso. Se ogni docente che tiene un corso avesse un blog, sarebbe un passo avanti notevole e potremmo pensare di integrare questi blog nei siti delle università.
Bisogna sottolineare anche, però, che all’interno delle Digital Humanities, ci sono persone che pur di affermare la novità complicano le cose anziché semplificarle: questi “tecnici” si concentrano troppo sul mezzo senza pensare al fine per cui può servire. Faccio l’esempio di Latex: è straordinario per compilare le edizioni critiche, ma negli altri casi, perché complicarsi la vita se ci è stata semplificata con word? In questo senso alcune critiche dei detrattori non sono completamente infondate, ci sono convegni di umanistica digitale in cui si parla anche solo ed esclusivamente di informatica. Come sempre, però, bisognerebbe evitare sia la cresta dell’entusiasmo che la valle della condanna: quelle altre due macchine fondamentali per la ricerca che usiamo tutti i giorni, occhi e cervello, hanno anch’esse dei limiti, come le concordanze e i computer. Serve sinergia.
Cosa si aspetta dall’esperienza del blogging?
Mi aspetto di riuscire a diffondere il mio lavoro, non in un modo autoreferenziale ma per trovare persone che lavorino sugli stessi temi. Mi sembra coerente con la definizione del ricercatore. E poi punto a lavorare più sui contenuti, sul mio oggetto di ricerca, più che sul mezzo, cercando di superare municipalismo e isolazionismo.