L’editoria universitaria: stato dell’arte | #SalTo30
In campo editoriale, la concomitanza tra le riforme delle procedure di valutazione e la crisi che ha interessato l’editoria, insieme all’impatto legato al digitale, hanno scatenato una tempesta perfetta che ha portato l’editoria universitaria dallo stato di settore relativamente protetto e provvisto di fondi e finanziamenti ad una grande trasformazione in cui non si è ancora affermato un modello che consenta di dare risposte univoche ai diversi problemi che si pongono. Questa la prima riflessione di Lorenzo Armando (Lexis Compagnia Editoriale in Torino, partner editoriale di OpenEdition per l’Italia), all’incontro L’editoria universitaria: stato dell’arte, con Juan Carlo De Martin (Politecnico di Torino, autore di Università futura, Codice Edizioni, 2017) e Sergio Scamuzzi (Università di Torino, curatore del testo Apriti scienza, Il Mulino, 2015), svoltosi al Salone del libro di Torino, il 20 maggio scorso.
Tra le sfide da affrontare, Sergio Scamuzzi annovera in primo luogo la scomparsa del libro di cultura, che assolveva contemporaneamente alla funzione di testo di didattica, di divulgazione e si costituiva anche come un prodotto della ricerca. Una scomparsa che ha origine a partire dal divorzio tra divulgazione, didattica e pubblicazione rivolta ai colleghi scienziati, finalizzata alla carriera accademica. Quest’ultima tipologia prevede che si pubblichi su riviste di classe A, che si affacciano al panorama internazionale e che impongono dei costi elevati per poter essere pubblicati, con il rischio di avere una scienza accessibile solo ai gruppi di ricerca che hanno i finanziamenti più alti.
Nel campo della didattica, invece, si sta assistendo alla scomparsa del manuale, prodotto ormai effimero vista la costante evoluzione scientifica, ma allo stesso tempo sintomatica di un rinnovamento della didattica in senso sempre più interattivo e multimediale. In secondo luogo, si tratta di fronteggiare la terza missione dell’università, il public engagement, e la crescente domanda di conoscenza da parte della società, aspetto che viene progressivamente colmato attraverso una produzione più divulgativa in cui non si è ancora affermato un modello chiaro.
Secondo Juan Carlos De Martin, uno dei principali problemi nasce dall’attuale valutazione della ricerca, insieme all’oligopolio costituito da alcune grandi riviste scientifiche che richiedono costi di pubblicazione sempre più elevati. Con il digitale c’era la possibilità che questa situazione andasse incontro a un radicale cambiamento, si era aperta la possibilità di creare piattaforme collettive per diffondere la conoscenza, mentre agli editori sarebbe rimasto il ruolo di fornire servizi, ma tutto questo non è avvenuto. In questo senso la comunità scientifica ha fallito, a causa della sua difficoltà ad agire collettivamente, permettendo invece ai grandi editori di costituire degli oligopoli digitali, attraverso cui raccolgono una grande quantità di dati estremamente rilevanti su ciò che leggono i diversi utenti nelle università, per poi rivenderli alle grandi aziende.